Camminò lungo una strada piena di buche. Arrivò a una cappella grigia in legno con tegole cadute, assi alle finestre e lucchetti alle porte. Sul fastigio c'era un vecchio crocifisso. Un Gesù malridotto pendeva da un chiodo nella mano. Dondolava sgraziato nella brezza. Nel muro sottostante era stato dipinto un messaggio:
È morto per noi
A un'estremità del villaggio la strada si restringeva diventando un sentiero che portava alla foresta scura.
A dischiuderle un passaggio verso quell'Altrove è Colin, un bambino che Sylvia incontra al parco e che con la sua schiettezza riesce a trascinare la protagonista nella sua famiglia, a mostrarle come, nonostante le apparenze, quel posto che sembra abbandonato, è invece abitato da una vita pulsante.
È così che Sylvia incontra Gabriel, il fratello di Colin, un ragazzo con una sensibilità estrema e con una storia dolorosa ad attraversarlo. Insieme percorreranno sentieri nel bosco, attraversando con le parole i proprio mondi interiori, interrogandosi sul senso profondo delle cose, della vita e della morte, della loro esistenza su questa terra.
Fino a quando la madre di Sylvia non è costretta a tornare per lavoro in città. La ragazza decide di restare nel villaggio, contrariamente a quanto poco prima avrebbe mai pensato di desiderare.
E in una notte in cui la musica, che fin dalle prime pagine attraversa la storia, sembra chiamarla con più forza, Sylvia attraverserà da sola quella foresta, sentirà sulla pelle il destino di storie passate, percepirà come la forza vitale che anima quel luogo è anche dentro di lei, nella sua carne e in quella delle creature animali che popolano la foresta, in una sorta di osmosi creativa, di metamorfosi continua in cui Sylvia troverà la propria voce e imparerà ad ascoltare quella delle piante, degli animali e di ogni creatura che abita quel luogo.
È una storia dirompente, per la quale ogni tentativo di descrizione appare una scialba riduzione. Innumerevoli sono le circostanze narrative che meriterebbero di essere approfondite: dalle parole che l'autore fa pronunciare a Colin e Gabriel sulla scuola che, sostiene il più piccolo dei fratelli, è il luogo dove si diventa stupidi e "ti riempiono di cavolate" e soprattutto dove non ti insegnano a creare musica da un filo d'erba per richiamare tutti gli uccelli. Caro è sempre stato il tema della scuola ad Almond, fin da Skellig e Mina, una scuola che oltre l'esigenza di essere un luogo in cui apprendere contenuti, può e dovrebbe anche essere luogo in cui sperimentare la Vita e le domande esistenziale che ne scaturiscono.
E poi c'è anche la prossimità con la morte che Sylvia e Gabriel sperimentano quando trovano il corpo di un grande uccello, che raccolgono, portano a casa, e che, quasi con le azioni di un rituale d'iniziazione, trasformano, scegliendo accuratamente il tipo di osso per farne un flauto, che poi Sylva imparerà a suonare.
È una storia che merita accurata e profonda lettura, che sarebbe bello poter leggere insieme alle ragazze e ai ragazzi, magari proprio a scuola, per imparare a crescere e ad attraversare quel luogo dell'Altrove, che è fuori e appare non definito e a tratti pericoloso, ma che può anche abitare le nostre profondità, e che, anche quando sembra confuso e buio, può in realtà aiutarci a rivelare la nostra identità.