Inizia di notte, quando i rumori del mondo si assopiscono, questa incantevole storia.
Il protagonista e narratore, Ribes, cercando la gallina Eulalia nella serra, scopre in un vaso una piantina minuscola, un po' assetata, visto il colore poco brillante. Le da un po' d'acqua e inizia a prendersi cura di lei.
Insieme con Lampone, amico di poesie e di avventure, Ribes inizia a cercare notizie su che tipo di piantina sia, cercano sui libri, e intanto le assegnano un nome: Uvetta. È un nome speciale perché viene da una poesia che Lampone custodisce nel suo taccuino. Un nome importante perché in quella poesia vive un Abissauro che è la cosa più spaventosa che si possa immaginare.
Ribes e Lampone si aspettano che la loro piantina cresca, desiderano vedere come diventerà, ma quella sembra assolutamente incapace di proiettarsi verso l'alto, di diventare qualsiasi altra cosa che già non sia.
Per questo i due bambini decidono di portarla al mare, chissà magari avrà bisogno della brezza marina per crescere.
Quell'angolo di mondo è così vivace e pieno di attrattive che a un certo punto i due bambini, mangiando un gelato, perdono di vista il cestino nel quale avevano messo Uvetta e la gallina Eulalia.
Sembra che una nave per sbaglio abbia preso il cestino con tutto il suo carico.
Per fortuna, accortasi in tempo dell'errore, riconsegna tutto ai legittimi proprietari.
E arriva di nuovo la notte, Ribes e Uvetta fanno sosta sulla spiaggia e solo allora la piantina, alla luce della luna sembra muoversi un poco, come se avesse bisogno dell'oscurità e dell'invisibilità che ne deriva per tirare fuori il coraggio di crescere.
Non vi racconto il finale perché una sorpresa attende i lettori, che non riguarda tanto la crescita della piantina ma i modi attraverso i quali finalmente avviene ciò che è nella natura di ogni creatura vegetale e umana.
La storia è molto semplice e proprio per questa sua semplicità profondamente poetica, è un inno allo sguardo infantile sulle cose, un'immersione totale nella realtà, uno sguardo sulla contaminazione tra umano e vegetale, non a caso i nomi dei protagonisti sono derivati da piante che danno come frutti delle bacche.
È anche una potente metafora di come a volte si può guardare una creatura piccola restando in attesa che diventi grande, che diventi altro, dimenticando che invece non si cresce se non custodendo tutta la piccolezza in sé e che forse per crescere c'è bisogno di tempo e di essere visti e ascoltati per quello che si è nel momento presente.
Le illustrazioni, realizzate a pennarello, riescono a tradurre, grazie a un segno vivace e veloce, tutta l'immediatezza e la freschezza di un pensiero bambino. Intensi sono gli sguardi e gli abbracci tra i due protagonisti e ampie e piene di respiro le illustrazioni nei risguardi.
Alla fine ci si potrebbe chiedere perché questa piantina è magica. E alla fine della storia infatti, nel libro che i bambini consultano per trovare informazione alla loro piantina, la risposta c'è. Non la svelo qui, ma in realtà ciascuno dei lettori può aggiungere e trovare la sua di risposta, cercando di traguardare quella soglia che ci mette in relazione con il mondo vegetale, sentendo di poter essere in fondo come piccole piantine che per crescere hanno bisogno di essere custodite così come sono.
Per voi Piccoli Lettori Crescono