«Lucio mi chiamo, accidenti a voi!»
E figuriamoci se lo stanno a sentire. Mentre si accalcano sulla camionetta del padre, i suoi quattro fratelli lo continuano a sfottere.
«Pollo, corri, partiamo senza di te!»
Il vecchio parte con i figli a bordo, lasciano la baraccopoli alle spalle per raggiungere la stazione centrale della città, lì i bambini sanno quale sono i posti migliori dove chiedere l’elemosina, guadagneranno quegli spicci che il padre consuma in alcol, mentre la madre resta a letto, senza forze, a combattere da sola una malattia mai indagata.
Pollo, a differenza dei fratelli, non è superficiale, non è cinico, mantiene gli occhi fissi sul mondo e si fa domande, è curioso. Gli occhi così preziosi, quelli che mutila il losco e malvagio Cowboy per legare per sempre i bambini a sé. Lui gestisce il business dei cecatelli, che nell’elemosina fanno molta concorrenza agli altri bambini, perché fanno più pena.
Da questo gorgo di miseria umana, brilla più che mai Pollo, magrolino e piccolo, ma che sa aggrapparsi alla speranza e con sé porta Leyla, una cecatella che in realtà ci vede, fa solo finta di non vedere per sopravvivere alla crudeltà del suo padrone, il Cowboy.
La trama decolla presto, dopo averci immerso in questo mondo pieno di ombre, di polvere e immondizia. Si risale con i due protagonisti, così vividi, veri, che si spingono oltre quei limiti imposti dagli adulti, osano con coraggio e incoscienza, saldi nel desiderio di voler cambiare la loro vita. Il loro viaggio non sarà certo semplice, pieno di insidie e difficoltà, tra personaggi grotteschi che ricordano le caricature Felliniane e le citazioni e i rimandi al cinema non mancano, come l’autrice ha dichiarato in appendice. Infatti, si passa dall’ispirazione alla fiaba di Pollicino al The Millionaire di Danny Boyle, Pollo raccoglie i sassolini bianchi che sa trovare, fino a vedere il mare, metafora dell’infinito, della speranza, delle opportunità che la vita offre e vanno sapute cogliere.
Alle tenebre che circondano molti adulti, si contrappone la leggerezza dei bambini, la loro freschezza che illumina il cammino. Sono tesi verso il futuro, con semplice entusiasmo, nonostante le esperienze drammatiche che hanno già conosciuto. I bambini sanno ridere delle miserie come del bizzarro o delle cose più semplici. L’ironia può abitare anche la storia più dark, e si sa, salva sempre. Il tema della fiducia, in questa storia, è complesso, duro, profondo. Il sospetto tiene allerta i sensi come le prede nel bosco. Il sapore della libertà, per quanto faccia anche paura e renda più scoperti, ha un buonissimo sapore, come le briciole dei crackers regalate in treno. La fuga è avvincente, tiene con il fiato sospeso. Lo sguardo del lettore si sposta, persino negli occhi del Cowboy, e la tensione resiste fino alla fine.
L’ambientazione, i protagonisti e il rapporto con una storia così difficile sono i punti che ho voluto indagare con l’autrice, Milvia Vincenzini, (che ha scelto di usare solo il nome di battesimo per firmarsi), già illustratrice e art director in varie agenzie pubblicitarie. A lei ho rivolto queste tre domande:
la prima è la seguente: l’ambientazione è ricca di scorci particolari, le atmosfere avvolgenti, sebbene appartenga a luoghi imprecisati, da quale porta ci sei entrata per collocarci la tua storia?
Ho fatto riferimento a una tipologia di luogo di cui conosco le caratteristiche, dunque una città del Sud. Sono nata e cresciuta a Napoli, ma rispetto alla mia città natale, l’ambientazione del libro è
ancora più feroce: mi sono ispirata alle metropoli alienanti, disumane ma brulicanti di umanità disperata, di film come il già citato The milionarie o Cafarnao.
Questo tipo di metropoli estende le sue ramificazioni in un’ampia area suburbana, inquinando anche il “fuori“. Così, per esempio, il Villaggio del Cinema nella mia mente si accavalla al ricordo
dell’area circumvesuviana, in cui monumentali cadaveri edilizi diventano una sorta di borgata abitata da un’umanità spaesata, pronta a tutto per sopravvivere.
Seconda domanda: i personaggi, così verosimili nella loro peculiarità, escono dalla carta con spessore, ti trattengono accanto, come ti sono venuti incontro mentre costruivi la loro storia?
Pollo e Leyla sono lo sdoppiamento del personaggio di Pollicino, la fiaba da cui ho tratto inizialmente ispirazione. Attraverso la loro innocenza, la loro forza vitale, mi è stato possibile raccontare un mondo oscuro - che mi ha richiesto del tempo prima di poterne scrivere. Credo che l’infanzia abbia questa forza straordinaria, più forte del male che purtroppo può trovarsi a dover affrontare. Soprattutto quando è nutrita da un barlume di amore, come in questo caso: quello che scaturisce dal loro incontro, ma anche l’amore sgangherato, imperfetto, monco che i due bambini
hanno comunque ricevuto dalle loro famiglie.
Ultima domanda: la trama è intensa, la storia che racconti è potente, come ti sei addentrata in questa vicenda non semplice, dura, con molte tenebre, anche se possiede una sfavillante luce da poter acchiappare con tanta tenacia?
Come dicevo, dopo avere scritto la “sinossi“, ho lasciato questa idea a decantare per un bel po’, non sentendomi pronta a sviluppare una trama che mi avrebbe portato a parlare di cose toste. Questo perché non volevo farlo attraverso luoghi comuni, ma restando assolutamente rispettosa della verità, anche se utilizzando gli stratagemmi della narrazione. Il libro è nato in due step: grazie a Lodovica Cima, l’editore, che mi ha spinto a dargli uno sviluppo
più ampio, ho potuto portare la storia a compimento, anche giocando con il grottesco e attraverso momenti se non comici, leggeri, come appunto sentivo che fosse lo sguardo dei piccoli.
La storia che racconta Milvia ricorda anche le avventure di alcuni grandi classici, ma la trasposizione in chiave moderna tocca amare verità, per nulla fantastiche o lontane nel tempo. Il lettore si trova a condividere scomode situazioni, ma lo sguardo, a volte ingenuo, fresco o disincantato dei vari protagonisti, si moltiplica e si apre a ventaglio sulle differenti esistenze, mostrandole nella loro più spoglia verità. Ogni snodo va a scoprire angoli di miserie umane, ma i due protagonisti restano sopra, come se riuscissero a galleggiare nella loro purezza per non finire nei vari gorghi creati da adulti senza più grandi speranze. Una storia inquietante, dove non ci sono spettri, ma concreti pericoli, dove il male esiste, ma si può sconfiggere. Anche questa è una potente verità.
Buona lettura!
Informazioni tecniche
Titolo: Fino a vedere il mare
Autrice: Milvia
Editore: Pelledoca
Collana: NeroInchiostro
Codice: EAN 9788832790481
Formato: 14x2o,5 cm, brossura copertina flessibile
Pagine: 168
Prezzo indicativo: € 16,00
Età di Lettura: +11 anni