In molti certo sappiamo della nascita di Franca Rame in una famiglia di teatranti girovaghi e quindi in qualche modo anche della sua predestinazione a quel lavoro, tuttavia nient'affatto scontata.
Ma questo libro, scritto in modo nitido e luminoso, dalla straordinaria penna di Luisa Mattia, sceglie un punto di vista, quello della protagonista, e sceglie anche di raccontare quella parte di vita di Franca Rame, meno nota ai lettori, la sua infanzia e la sua adolescenza fino al matrimonio con Dario Fo.
La narrazione al presente e in terza persona ci proietta subito dentro la storia, nel giorno della nascita di Franca Rame, il 18 luglio del 1929, e poi, pochi giorni dopo il suo ingresso nella vita, anche a seguire il suo debutto in scena, nella tragedia Genoveffa di Bramante, dramma nel quale la protagonista finisce punita ingiustamente insieme con il suo bambino, per un presunto tradimento. La piccola Franca, in fasce, recita, per così dire, in braccio a sua madre Emilia, attaccata a un finto albero di cartapesta, ed emette, con un tempo teatrale ineccepibile, un vagito, il quale sembra consacrarla fin da subito a calcare le scene.
La famiglia Rame ha una lunghissima tradizione di arte teatrale, il nonno Pio e prima di lui i suoi antenati hanno girato l'Italia del nord in lungo e in largo con il carro, i burattini, le marionette, ben prima che l'Italia esistesse come nazione, già dal 1600.
La famiglia di Franca, con il padre Domenico, la madre Emilia, le sorelle Pia e Lina e il fratello Enrico, dividono il lavoro della compagnia con la famiglia di Tomaso, fratello di Domenico, con sua moglie e i cugini.
Ognuno, anche se piccolo come Franca, ultima arrivata, ha un compito importante, secondo le necessità e le inclinazioni, ciascuno è chiamato a dare il suo contributo perché la compagnia lavori e lavori bene. Da teatranti girovaghi a volte diventa complicato muoversi con la Balorda, un furgone che deve contenere il necessario per la messa in scena delle opere, così è vitale che ciascuno faccia o impari a fare qualcosa, si come Emilia, la madre di Franca, che impara prima a cucire gli abiti di scena, poi sempre più coinvolta diventa attrice dalle doti attoriali impareggiabili.
Ogni ragazzino però accanto al lavoro in teatro deve andare a scuola e studiare, senza sconti previsti, anche anche quando l'allestimento degli spettacoli e le serate costringono i bambini alle ore piccole. Emilia infatti, che prima di lavorare accanto al marito aveva studiato da maestra, non accetta scuse: lo studio e la formazione scolastica devono avere un ruolo paritario accanto al lavoro che i suoi figli si trovano a svolgere accanto a loro, perché teme e conosce i pregiudizi che circolano attorno a loro mestiere e all'essere girovaghi. Vuole che i suoi figli sappiano difendersi, anche grazie alla cultura, non solo quella che deriva loro dalla grande arte del teatro.
Franca cresce così in un clima di grande passione e allo stesso tempo di forte responsabilità, verso il teatro, verso la vita, alla ricerca del proprio posto nel mondo, responsabilità e passione da portare avanti a volte anche a costo di sacrifici e di qualche delusione.
Non è facile infatti per lei, bambina abituata a stare in una grande famiglia, farsi accettare e trovare delle amiche anche nella comunità scolastica, che soprattutto d'inverno frequenta regolarmente nella città di Varese. Il pregiudizio nei confronti dei teatranti girovaghi si fa subito largo, Franca viene presa in giro, giudicata, emarginata, anche per via di un difetto di vista, con il quale combatterà a lungo.
Eppure quell'incrollabile ostinazione fiduciosa nella vita, che costituirà il sigillo su ogni difficoltà e sventura, rappresenterà di Franca la sua più grande dote, che le consentirà di attraversare insieme con la famiglia momenti bui, come la guerra, la deportazione del fratello, la crisi del teatro per come era stato fin agli inizi degli anni venti, la guerra civile in Italia.
La storia personale di Franca Rame diventa così nel corso della narrazione anche la storia dell'arte della drammaturgia, e la storia di un paese, in un caleidoscopio di intrecci inseparabili che immergono il lettore in una trama complessa e meravigliosa, che la bambina, la ragazza e la giovane donna dovrà attraversare, tenendo le proprie radici ben piantate in una dimensione artistica inseparabile dalla vita e allo stesso tempo avendo il coraggio di guardare oltre, di trovare, proprio a partire da quelle radici famigliari, nuovi germogli che renderanno il teatro di Franca Rame e di Dario Fo immortali nel tempo, anche, ma non solo, per l'impegno politico che via via assumeranno nell'elaborazione del proprio modo di fare drammaturgia.
Ci si immerge totalmente nel racconto, anche per la bellezza della scrittura di Luisa Mattia, così precisa a dire le cose, le situazioni, che emergono cristalline come visioni, e che sa rendere intima, vicina al lettore anche un accadimento lontano nel tempo, lasciando anche trapelare, soprattutto ora, in questo fragile momento di chiusura dei teatri, un senso di nostalgia per quella relazione tutta speciale tra storia, attori e spettatori che solo lo spazio di un teatro può generare e rendere generativa.
La storia di Franca Rame e Dario Fo continua, nelle pagine che chiudono il libro e che ricostruiscono il percorso artistico e di vita della coppia, e con la fondazione Franca Rame e Dario Fo, nata nel 2019, con il desiderio di conservare e fare memoria della loro vasta produzione artistica, https://www.fondazioneforame.org
Con l'augurio di cuore a tutti i teatranti di tornare a calcare le scene e a tutti i teatri di aprirsi di nuovo alla vita condivisa nello spazio del palcoscenico, buona lettura!
Per voi Piccoli Lettori Crescono
